elaborazione del lutto

L’elaborazione del lutto nello spazio digitale

Ho sempre dedicato una attenzione privilegiata ai temi della comunicazione, e via via alla mutazione progressiva che la Rivoluzione digitale immetteva nel nostro quotidiano modo di vivere, comunicare, pensare. Ed anche di pensare e vivere l’idea della Morte.

Prendo spunto dal concetto di lutto perpetuo nei social network , a partire da un fenomeno circoscritto: nel web e nei SNS (social network sites) non è raro imbattersi in pagine attivate da soggetti ormai defunti, che restano e persistono senza mutamento al di là del tempo di vita dei soggetti stessi.

Il tema è oggetto anche della riflessione di Piergiorgio Degli Esposti nell’ articolo Celebration of Perpetual Mourning on Social Networking Sites Websites.

Pongo particolare attenzione a Facebook, in quanto configura esempio valido per evidenziare la diffusione delle piattaforme di social network che, attraverso una crescente popolarità, pongono nuove sfide all’osservazione sociologica dei processi culturali e comunicativi.

Il fenomeno dei social network sites presenta tipiche caratteristiche strutturali e configura nuove pratiche relazionali, abilitate da queste nuove forme socio-tecnologiche.
Facebook può ben rappresentare le forme e l’intensità delle interazioni sociali caratteristiche della modernità avanzata, e – in una lettura sociologica – può essere considerato espressione del mutamento più complessivo che coinvolge le società contemporanee.

Potrei dire che nel web, ed in Facebook come esempio, più che ‘un lutto perpetuo’ si attua una persistente confusione tra vita e morte.In questo specifico ambito e territorio avanzo qualche riflessione legata al’idea della Morte ed alla connessa dimensione del lutto.

Nel nostro tempo la dimensione della Morte – come oggi vissuta nel collettivo – appare emblematica di una junghiana scissione degli opposti: tra rimozione e spettacolarizzazione, tra ricerca spasmodica dell’ eterna giovinezza e apoteosi della terza e quarta età; in una mancanza di mediazione che sfocia talvolta in agiti inconsulti e distruttivi, sino agli epiloghi parossistici del togliere / togliersi la vita anche per eventi carenti o privi di senso.

In Facebook è dato cogliere un potenziale e singolare vissuto rispetto alla Morte, stante il fatto che le pagine personali degli utenti spesso restano presenti e reperibili anche allorquando gli utenti stessi sono deceduti.

Tengo anche presente che i contenuti di Facebook si rivolgono “ad audience invisibili e sono persistenti, replicabili, ricercabili, scalabili; i differenti confini spaziali, temporali e sociali vengono percepiti come “continui”; senza controllo sul contesto, il pubblico e il privato si confondono.”

Questa prima riflessione per dire che – a mio parere – attraverso i digital media noi viviamo in una dimensione confusa tra pubblico e privato, piuttosto che in una dimensione pubblica come sostenuto dal Degli Esposti nel citato articolo.

La confusione può anche diventare dimensione al limite, borderline. Intendo confusione come esito e rischio..

Confusione e rischio che si accentuano allorquando si consideri la persistenza -in Facebook ed in similari SNS – dei dati e dei contenuti relativi a soggetti ormai defunti.

Considerando la dicotomia moderna proposta da Baudrillard rispetto alla separazione della città, intesa come luogo dei vivi, dal cimitero inteso come luogo dei morti , si può pensare allo spazio digitale come possibile superamento della dicotomia stessa.
Specifico, però, che la dicotomia viene superata non istituendo chiari confini contigui ma evidenti, bensì in uno spazio talvolta o non raramente confondente.

Il cimitero può essere, invece, accolto nel tessuto vivo del paese o della città , come si può vedere nella fattispecie di Parigi. Qui, per dare una indicazione concreta, il cimitero di Pèere Lachaise  configura uno spazio dei defunti chiaro e senza ambiguità: è recintato ed indicato, ha una precisa allocazione e identità, seppur immersa nel flusso della vita urbana.

Nello spazio digitale messo a disposizione degli utenti da Facebook questi confini non ci sono e l’assenza può determinare con-fusioni tra lo spazio dei morti e lo spazio dei vivi, generando a volte concreta dis-informazione, e dispercezione .

Le pagine un tempo attivate e utilizzate da soggetti ormai defunti, pagine che restano e persistono senza mutamento al di là del tempo di vita dei soggetti stessi, e che vengono talvolta alimentate dai vari fan e /o seguaci, generando in successivi lettori ed utenti incertezza ed ulteriore confusione.

La persistenza dei dati nel web, peraltro, è tema dibattuto e già variamente affrontato anche nei massmedia e nel medesimo spazio digitale.

Tema discusso anche in sede di Comunità Europea con riferimento alla normativa sul trattamento dei dati personali e al cosiddetto diritto all’oblio. Esiste infatti anche il diritto di essere dimenticati, nonché – per i vivi – quello che è stato definito da Viviane Reding “il diritto di ogni individuo di ritirare il proprio consenso al trattamento dei dati personali precedentemente accordato”.

La confusione rintracciabile nel web 2.0, tipica dei SNS, è a mio parere connessa a quella che si rintraccia – a livello della realtà – anche nel fenomeno del ‘cimitero diffuso’, come evidenziato da M. Paniccia . Fenomeno che possiamo quotidianamente cogliere e che si presenta alla nostra vista percorrendo le città, laddove troviamo piccole erme ed altarini a memoria di chi è perito in incidenti stradali…come segno e sintomo, e forse tentativo di rimedio, rispetto alla mancanza di un adeguato spazio socialmente riconosciuto, ed anche – a mio parere – come esito di una non piena elaborazione del lutto.

Elaborazione che appare vieppiù problematica nel nostro tempo. Come accennato, nella scena collettiva e spesso in quella individuale, l’idea della Morte appare oggetto dei più svariati meccanismi di difesa , sino alla negazione e alla rimozione, e contemporaneamente oggetto di spettacolarizzazione, in configurazioni che ben richiamano la junghiana scissione degli opposti.

In questo contesto, la persistenza delle tracce dei defunti e ancor più la non trasformabilità delle stesse nello spazio limbico configurato dai database di Facebook , mi appare prevalentemente come espressione e luogo di una non adeguata elaborazione del lutto, come manifestazione piuttosto dell’ homo game.

Sappiamo che, stante l’avvento e la diffusione delle nuove tecnologie, la trasformazione sociale e identitaria è da tempo in atto: l’ Uomo ha sperimentato una serie di mutazioni rilevanti, a partire da una alterata percezione dello spazio e del tempo sino al liquefarsi delle certezze e delle relazioni .

Le crescenti potenzialità connesse allo sviluppo delle tecnologie digitali ed ai nuovi spazi sociali supportati (piattaforme esistenziali ove quasi tutto è possibile) possono alimentare, soprattutto nei soggetti più a rischio, una illusoria sensazione di onnipotenza. L’accelerazione del vivere spesso si è accompagnata ad una perdita di profondità, dando sempre più spazio alla superficie ed alla superficialità. La cultura della simulazione spesso esita in un progressivo distacco dalla realtà, e quindi anche dalle linee portanti di Vita e Morte.

L’accettazione della Morte come limite costitutivo del vivere è dimensione oggi spesso evitata e /o messa a margine; la persistenza – oltre la life timeline – di dati e contenuti personali nello spazio digitale se per alcuni può costituire un ponte transitabile verso una più nitida consapevolezza da conquistarsi man mano, a mio parere può incentivare – nei soggetti più fragili – la confusione e quindi la permanenza in uno stato di narcisistica illusorietà, sino al rischio di chiusura nella realtà immaginale (Callieri, B., 2003).

E’ notizia recente che Google abbia messo a disposizione dei propri utenti un testamento digitale, ovvero la possibilità di scegliere cosa fare del proprio account inattivo. Seppur non esplicitamente citata, viene contemplata anche la possibilità di una inattività per decesso del titolare dei dati. Sono date all’utente varie vie praticabili: dall’indicare altro utente che riceverà e potrà condividere i contenuti (sorta di lascito o eredità…?) sino all’eliminazione completa di ogni traccia. Ma questo specifico argomento sarà oggetto di una successiva ricerca.


(Articolo scritto da Simonetta Putti, Analista junghiana e psicoterapeuta, socia Associazione per la ricerca in Psicologia Analitica e International Association for Analytical Psychology, vicepresidente del Centro Studi Psiche Arte e Società e condirettore della rivista semestrale Psiche Arte e Società)